Una nuova efficiente compagnia assicurativa: mafia

Scritto da Riccardo Tronci il

I mezzi escavatori bruciati in un attentato mafioso nel parmense: 200mila euro di danni.

72 persone senza lavoro al seguito del rogo appiccato all’azienda Anaf, nel 2011, a San Martino ed il giorno prima due auto erano state date alle fiamme.

Aziende neonate ed interi agrumeti bruciati anch’essi per vendetta e riscatto.

La mafia colpisce sempre capillarmente, danneggiando e mettendo paura, marchiando il territorio e costringendo gli imprenditori a stare alle proprie regole. Chi non ci sta si prende le conseguenze degli “avvertimenti”. Come Giacomo Venuto, che dopo anni ed anni di pizzo decide di smettere e far camminare la propria prospera azienda senza la protezione della malavita. Risultato: incendio di tutti i mezzi meccanici della ditta con perdite di milioni di euro.

Vi chiederete cosa ci possano entrare i reati mafiosi in un sito web che parla di assicurazioni. Le parole di Bianca La Rocca, curatrice del curatrice del rapporto “Le mani della criminalità sulle imprese” redatto per conto di Sos impresa, lo dicono nel migliore dei modi possibile: “Un imprenditore recentemente ha detto: ‘Nel momento in cui sono entrato in accordi con lui a me sono spariti gli attentati e i furti. Quindi l’ho presa come se pagassi un’assicurazione privata’. Non è raro che un imprenditore trovi conveniente accordarsi con il potere criminale“.

La mafia non potrà certo coprire i danni provocati da un terremoto o da una valanga, ma certamente è in grado di non farti subire atti vandalici, furti e via discorrendo. Si tratta di una sorta di accordo che “assicura” l’imprenditore contro i danni che la stessa malavita potrebbe procurargli, e allo stesso tempo una copertura 24h su 24h che nessun vigilante notturno è in grado di dare. Una persona che è stata accusata di reati mafiosi non potrà contrarre alcuna assicurazione (è una delle clausole spesso inserite nelle polizze), ma allo stesso tempo sarà difficile per un imprenditore assicurare la propria azienda contro danni, atti vandalici e terroristici provenienti dalla malavita.

È una percezione che rischia di far allargare a macchia d’olio il consenso mafioso, e di conseguenza contrastare significativamente l’opera dei pool e delle associazioni che combattono la malavita. “La mafia– continua La Rocca- è ormai potentissima, ed assomiglia ad una azienda. (…) Gli imprenditori per combatterla non devono commettere l’errore di Libero Grassi, e stare uniti“. È un problema senza confini, che riguarda nord, centro e sud, per quanto l’organizzazione malavitosa si esprima in maniera differente a seconda delle regioni. La mafia chiede il pizzo in Sicilia e pratica l’usura in Lombardia, ad esempio. Anche in questo caso, come in altri a noi già noti,  lo stivale si presenta in maniera differente a seconda delle coordinate prese  in considerazione.

Quell’imprenditore che voglia tutelarsi troverà certamente una compagnia assicurativa in grado di soddisfare le proprie richieste, a meno che non sia già stato minacciato, cosa che renderebbe di fatto tutto molto più complesso. Agli occhi di una agenzia, immagino, sia come andare ad assicurare la propria salute con un tumore appena rilevato.

Lo Stato italiano a livello teorico non abbandona gli imprenditori colpiti dalla mafia, ne chiede la collaborazione e prevede l’accesso ad un fondo speciale (articolo 4 del D.P.R. 284/01) come del resto ne esiste uno apposito per le vittime dell’estorsione. Tuttavia l’ultimo governo Berlusconi con il Ministro Tremonti non ha rifinanziato il fondo e di fatto, a tutt’oggi, l’accesso a quel risarcimento risulta troppo burocratico. Noto è il caso di un imprenditore a cui è stata accolta la domanda di risarcimento quattro anni dopo al suo suicidio.



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